Intervista: Laura alla Ultra Bolivia Race
Laura Uggè lavora part-time presso la nostra reception, e nel tempo libero corre ultra-maratone in Italia e, più di recente, nel mondo. In questa intervista racconta la sua esperienza con la Ultra Bolivia Race, e come le lingue e l’ambiente internazionale l’hanno aiutata a crescere e a fare nuove conoscenze.

Come mai hai deciso di fare questa esperienza?
Quando decidi di trasferirti a quanrant’anni in un posto diverso da quello dove hai sempre vissuto, una delle cose che più ti mancano sono gli amici. Ecco perché decisi che dovevo conoscere gente nuova, amici nuovi, per me parte fondamentaledi vita. Il metodo che utilizzai per incontrare persone nuove fu iniziare a correre, unire l’utile al dilettevole, sfruttando le magnifiche località venete di cui sono circondata. E fu proprio in una di queste corsette organizzate da una piccola cerchia di persone che conobbi quello che poi oggi è un mio grandissimo amico.
Fu lui a trasmettermi la curiosità e la voglia di andare a correre all’estero, di viaggiare per vedere nuovi posti e fare nuove esperienze utilizzando proprio la corsa. Da qui le gare non furono più “gare” ma vere e proprie esperienzedi vita, per me diventarono delle possibilità per conoscermi meglio. Eh già, perché davvero non ci conosciamo personalmente fino a che non ci sono delle condizioni estreme che ci obbligano a reagire e a dimostrare a noi stessi quanto valiamo.
Ecco perché quest’anno intrapresi il mio secondo viaggio, dopo l’Islanda nel 2016, in Bolivia! La gara si articolava in 240 km a 4000 metri di altitudine in autosufficienza, vale a dire a parte la tenda messa a disposizione dall’organizzazione, ogni partecipante doveva provvedere a sé stesso con tutto l’occorrente in uno zaino, cibo compreso per la sopravvivenza di 7 giorni.
Quando si fissano questi obiettivi sacrifichi tutto un anno della tua vita, la vita sociale diventa quasi nulla, si rinuncia a tutto pur di allenarsi, quasi sempre solo. Tutto questo fa parte della scelta fatta, il tutto è finalizzato ad essere il più preparata possibile per poi lasciar spazio alle emozioni e al divertimento.

Com’è stato partecipare ad una gara internazionale?
Uscire dall’Italia per partecipare a questi eventi vuol dire uscire da quella comfort zone a cui sei abituata, vuol dire andare in un posto sconosciuto e soprattutto incontrare persone di altre nazionalità con usanze, abitudini e lingue diverse. Conoscere persone da tutto il mondo apre la mente, a volte fa capire che viviamo una vita davvero misera in confronto e quello che potremmo fare di più anziché lamentarci e a volte invece ci fa apprezzare di più quello che ogni giorno ci passa davanti e non vediamo.
Come hai vissuto l’aspetto internazionale della gara? Hai avuto occasione di parlare altre lingue?
Ho conosciuto persone che venivano dalla Spagna, dalla Francia, dal Lussemburgo, dalla Turchia, da Taiwan, da Hong Kong e dalla stessa Bolivia! Scelsi di proposito di non stare nel gruppo degli italiani ma di amalgamarmi al gruppo degli stranieri per imparare il più possibile. La mia compagna di tenda è stata una ragazza di Hong Kong molto simpatica. Si poteva comunicare in francese, in inglese o in spagnolo, ovviamente c’era chi conosceva più lingue, che invidia!

Mi rendo sempre conto quanto una lingua sia importante per la comunicazione solo quando davvero ne ho bisogno. Io con il mio francese super scolasticoe il mio inglese mai utilizzato mi sono sentita davvero “piccola”!
Per fortuna gli altri partecipanti erano più abituati a viaggiare e più sciolti nel comunicare. Inoltre in queste occasioni si scatena qualcosa che va oltre la lingua, e così dopo il terrore dei primi giorni si inizia a parlare con gesti, con espressioni facciali, con tutto il possibile perché per una settimana si diventa come una vera famiglia.
È proprio così, all’inizio ti ripeti “ma perché sono qui? Voglio tornare a casa! Chi me l’ha fatto fare?” poi, quando smetti di pensare e dei perfetti sconosciuti diventano come fratelli allora sei pronto, sei pronta per iniziare il viaggio e tutto quello che succederà sarà solo da gestire nel migliore dei modi per arrivare tutti insieme in fondo.
Ho instaurato delle belle amicizie ma sono convinta che conoscendo meglio una lingua avrei certamente conosciuto di più chi mi stava davanti. Questo è il mio limite più sofferto! Altro che il cibo liofilizzato di sette giorni o le vesciche o la corsa di 240km o i 9 kg del mio zaino…
Quali momenti o situazioni ti sono rimasti nel cuore?
Ci sono diversi momenti che mi rimarranno sempre nel cuore ma in particolare ne ho tre.
Il primo riguarda la terza tappa, zaino ancora pesante, paesaggio desertico ma talvolta la presenza di qualche paese in mezzo al nulla rincuorava l’anima, paesi formati da qualche baracca. Parliamo dell’altopiano della Bolivia a 4000 metri quasi nel Salar de Uyuni, dove sembra impossibile che anche poche famiglie ci possano vivere, sullo sfondo, e non troppo lontano, una montagna vulcanica chiamata TUNUPA, la montagna colorata. Ecco, un po’ di sconforto e di solitudine infinita arrivi a provarla, quando poi l’acqua con il suo sapore neutro e i liofilizzati non ti consolano più inizi a sognare il tuo cibo di casa, le bevande zuccherate e hai le visioni, spunta una mano e ti offre una bottiglietta di coca cola e senti una voce che dice “fai un sorso o cadrai a terra”! Quella era la mano di un atleta francese fermatosi in un negozietto locale, e dopo aver acquistato quello che a me pareva oro, me la offrì. Da quel momento fui la persona più felice della terra.

Il secondo momento riguarda le ultime tre tappe, dopo aver raggiunto il bianco deserto di sale, ore e ore interminabili di silenzio, vento che taglia la faccia e sole il cui riverbero acceca ecco sopraggiungere il mio amico lussemburghese, quello che io chiamavo il mio Dark Angel, tutto di nero vestito. Mi prese per mano ed iniziò a tirarmi, per farmi vincere e per farmi andare più veloce. Corremmo dei tratti mano nella mano, ogni tanto qualche parola ma la fatica era tanta per cui si lasciava spazio al silenzio. Quando poi sopraggiunse la vera stanchezza lui mi guardò fisso e mi disse: “RUN LAURA, RUN ALONE NOW”, ed io come una macchina che riceve un input ripetei fino all’infinito quel mantra, ed iniziai a correre sola, fino alla finish line, senza mai voltarmi indietro: arrivai terza!
Il terzo momento fu nella quinta, ecco davanti a me nel bianco del Salar il mio amico italiano apparve come un puntino, si fermò e mi aspettò per condurmi da vincitrice fino alla finish line della giornata. Ricordo le sue parole “pensa adesso solo ai sacrifici che hai fatto in anno… ricorda! Valgono tutti per questo momento”!
Arrivai alla fine con lui e insieme ci abbracciammo nel nulla, nel silenzio con le lacrime agli occhi e i piedi pieni di dolore e divesciche ma con una gioia immensa nel cuore difficile da provare quando sei immerso nel casino della vita quotidiana!

Hai in progetto altre esperienze?
Come ho detto prima, per me queste gare o viaggi chiamali come vuoi, sono possibilità per CONOSCERSI MEGLIO per cui, mai smettere di imparare qualcosa di sé stessi. Certo partirò di nuovo!