Imparare una lingua straniera ci cambia per sempre. Chi l’avrebbe mai detto che una frase cliché come questa nascondesse tanta verità? Ebbene, è proprio così. Parlare lingue diverse ci rende persone diverse… letteralmente! Alcune ricerche hanno dimostrato che imparare una nuova lingua corrisponde ad acquisire una nuova personalità.

lingue e personalità

Imparare lingue diverse significa sviluppare personalità diverse?

Facciamo un passo indietro per spiegarci meglio. Quante volte, quando parlate una lingua diversa, vi siete sentiti “meno spontanei”, “poco fluenti e meno sicuri di sé”, “diversi”? In effetti, cambiare registro linguistico spesso corrisponde all’indossare “abiti” differenti, nei quali non ci si sente se stessi al 100%. Forse quello di cui avete bisogno è semplicemente un po’ di pratica

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In ogni caso, fu un articolo dell’Economist del 2013 a riportare nero su bianco la convinzione secondo cui parlare diverse lingue corrisponde ad assumere diverse personalità e – addirittura – a sviluppare diverse visioni del mondo. Uno stesso collaboratore dell’Economist affermò di sentirsi “ruder”, più grossolano, quando parla in ebraico anziché in inglese. E nonostante l’ipotesi di diverse personalità corrispondenti al multilinguismo abbia cominciato a circolare solo nel 2013, si tratta di una teoria datata, che risale alla prima metà del Novecento.


Lingue e personalità: una teoria che esiste da tempo

Si dice che Carlo Magno abbia detto: «Conoscere una seconda lingua significa possedere una seconda anima». Ne era convinto anche il linguista americano Benjamin Lee Whorf che, nel 1940, postulò la teoria secondo cui il linguaggio plasma il cervello al punto che due persone con lingue differenti saranno sempre cognitivamente diverse. Tale tesi passò di moda con gli studi di Noam Chomsky, che negli anni ‘60 e ‘70 propose la teoria di una “grammatica universale”, ovvero basi generali comuni per tutti i tipi di linguaggio. A partire dagli anni ‘80, però, alcuni studiosi hanno iniziato a rivalutare Whorf, depurando la sua teoria dagli eccessi e avviando un vero e proprio movimento spesso chiamato Whorfianism.

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Siamo sopresi anche noi, credeteci, ma ecco tre ipotesi a favore della tesi dei “Whorfianiani”.

Lingue e personalità. L’asymmetrical ability è la prima ipotesi a favore della tesi

Ci sentiamo diversi perché abbiamo competenze differenti in ciascuna lingua.

Buona parte degli individui non è “simmetricamente” bilingue: tante persone hanno imparato una lingua dai loro genitori e l’altra a scuola, motivo per il quale evidenziano diversi punti di forza e differenti lacune in tutte le lingue che conoscono. Possiamo infatti avere un lessico ricco in una lingua, mentre ridotto in un’altra. Ne risulta una maggiore capacità di espressione nella prima e minore nella seconda, con la conseguente sensazione di riuscire ad esprimersi in modo diversamente efficace.

Nel caso di cribbilinguals, ossia persone cresciute con due lingue diverse, che dispongono di competenze simili e avanzate in entrambe le lingue, entra in gioco il concetto di cultura.

Lingue e personalità. Priming: l’attivazione della memoria conferma ulteriormente la tesi

Tante persone bilingue non sono anche “biculturali”. Ma alcuni di loro sì. E c’è poco da sorprendersi se questi ultimi si sentano persone completamente diverse quando passano da un registro linguistico all’altro.

Numerosi esperimenti di psicologia hanno a tal proposito identificato il concetto di priming attivazione della memoria. Alcuni fattori, apparentemente insignificanti, associati all’esperienza e alle culture di appartenenza, possono influenzare fortemente il modo in cui ci esprimiamo in una lingua piuttosto che in un’altra. Per esempio, per una ragazza bilingue e “biculturale” portoricana che vive a New York, parlare in spagnolo può evocare sensazioni di casa, famiglia e nostalgia. Parlare in inglese, al contrario, può farle ricordare la scuola o il lavoro.

Insomma, quando parliamo, mettiamo in atto una serie di atteggiamenti, comportamenti, modi di comunicare specifici della lingua e della cultura di appartenenza: usiamo un certo linguaggio del corpo, un certo tono e volume di voce, un particolare modo di approcciarsi alla discussione. Ci possiamo sentire diversi perché effettivamente ci muoviamo, usiamo il linguaggio del corpo e comunichiamo in modo differente, in linea con quella specifica cultura.

Lingue e personalità. Language structure: anche la struttura della lingua confermerebbe l’ipotesi

Ogni lingua ha una struttura diversa che si traduce in modalità di costruzione di pensiero diverse. La lingua è lo strumento che utilizziamo per rappresentare e interpretare il mondo. Ogni lingua, tuttavia, dispone di sintassi estremamente diversificate che corrispondono a modalità e strutture di pensiero diversi. Per esempio, i tedeschi ritengono che posizionare il verbo in fondo alla frase renda il discorso squisitamente logico. Quasi tutti gli studenti di tedesco, invece, si troveranno in disaccordo a riguardo!

Di conseguenza, anche la sintassi, la sua struttura e gli elementi a cui diamo rilievo in una frase riflettono senza alcun dubbio il modo in cui ci esprimiamo in diverse lingue.  


Per concludere

La teoria secondo cui abbiamo tante personalità quante lingue parliamo non è ancora stata scientificamente provata. Certo è che tutte e tre le ipotesi sembrano vere e hanno effettivamente senso! Ogni linguaggio sottende una sua “visione del mondo” e la infonde, almeno in parte, in chi lo parla. Provate a pensare al senso di colpa e di giustizia: in inglese se un vaso si rompe si sottende sempre la presenza (e quindi la responsabilità) di qualcuno, in italiano si tende a dire che il vaso si è rotto. Curioso e interessante… cosa ne pensate?

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